La nuova fatica di Robert Kirkman finalmente è approdata sugli schermi televisivi, e noi siamo gradi di tutto ciò. Nonostante sia stata pensata come una serie estiva, che diciamolo chiaramente sono considerate di un gradino inferiori alle serie autunnali, ha riscosso già un discreto successo, e pensate che ancora non è stata mandata in onda ufficialmente! Già perché quelle volpi della Fox (gioco di parole voluto) hanno avuto la brillante idea di mandare in anteprima la premiere integrale sulla loro pagina Facebook e, inutile dirlo, ha fatto il botto. La ragione è da ricercare non solo nel fatto che fosse accessibile al pubblico gratuitamente, ma nel modo originale in cui affronta una tematica che è vecchia quanto il cinema stesso: gli esorcismi.
Abbandonati gli zombie, Kirkman si è buttato su un altro filone d’oro dell’horror, la possessione demoniaca, e come al solito dimostra di conoscere benissimo la materia. Anche ad occhi chiusi si riconoscerebbe che è un suo lavoro, grazie alla tipica attenzione alla psicologia dei personaggi, che ormai è quasi la sua firma e che contraddistingue il suo maggior capolavoro, The Walking Dead, dagli altri film o serie sugli zombie. Impossibile non fare dei paragoni tra le due serie, ma fidatevi, non fatelo, perché sono tanto divergenti tra loro quanto il giorno con la notte. Se confrontiamo i protagonisti, possiamo tranquillamente affermare che quelli di The Walking Dead non hanno mai provato la vera paura e la profonda disperazione. Quindi se avete il cuore debole state lontani sia dalla serie che dal fumetto.
Nato da un’idea di Kirkman e disegnato da Paul Azaceta, il fumetto ha lo stesso titolo della serie. Già nella prima puntata ci viene spiegato il significato del titolo. Outcast (=Emarginato), si riferisce al protagonista, Kyle Barnes, interpretato magnificamente da Patrick Fugit, che dopo alcuni incontri demoniaci non proprio piacevoli, decide di distaccarsi da tutto e tutti, di vivere una vita da emarginato appunto, convinto di essere la causa primaria di tutte le cose che gli sono accadute. Il modo in cui veniamo a conoscenza del passato di Kyle è secondo me il colpo di genio della serie, ma soprattutto di chi ha diretto il pilot, Adam Wingard, che se questo è il suo livello, sinceramente non vedo l’ora di vedere quello che si inventerà per Death Note. In realtà non ci spiegano per filo e per segno quello che gli è accaduto, ma ci fanno vedere solo delle scene chiave fatte talmente bene che comprendiamo subito il peso del suo passato, e fra tutti mi riferisco ai disegni all’interno della dispensa fatti dal Kyle bambino.
Sia la madre che la moglie di Kyle sono state possedute e in entrambi i casi è stato lui a salvarle, anche se la madre ora è in coma irreversibile in ospedale e la moglie non vuole più vederlo perché convinta che sia stato lui ad aver fatto del male alla loro figlia. Perciò quando viene a sapere di Joshua (Gabriel Bateman) è spinto ad aiutarlo più che dalla curiosità dal bisogno di trovare delle risposte. L’esorcismo riesce, anche se Kyle trova più domande che risposte. Gli unici punti fermi per il protagonista sembrano essere la sorella acquisita, Megan (Wrenn Schmidt), e il reverendo Anderson (Philip Glenister), che ha in qualche modo la funzione di guidarlo in questa realtà con cui ha sempre rifiutato di fare i conti. Rispetto al fumetto, il reverendo viene rappresentato con più ironia e polso fermo, cosa che spero si tradurrà nello sviluppo di un personaggio anticonformista nei confronti della religione.
Kyle si delinea molto chiaramente come un eroe imperfetto e il suo mondo cupo sembra abbracciare la cittadina di Rome, nome evocativo e in linea con la tematica, o magari è il contrario chi lo sa. Come ho detto prima, non è una serie per deboli, e basta il prologo, dove vediamo un Male che non risparmia nemmeno i bambini, a darmi ragione. Nelle scene riguardanti i demoni c’è forza fisica, violenza, botte, sangue e sofferenza, ed è per questo che riuscirà ad accontentare, secondo me, diverse tipologie di spettatori, dagli amanti del sovrannaturale a quelli del pulp, riuscendo comunque ad incantare chi, come me, predilige l’analisi di un animo umano fragile e tormentato. Il tutto contornato, come se non bastasse, dalla riproduzione fedele delle ambientazioni claustrofobiche e dark scaturite dalle matite di Azaceta.
Insomma una partenza esplosiva che ci promette uno sguardo non convenzionale sulla tematica degli esorcismi e noi speriamo che il resto della stagione mantenga questa promessa e lo stesso livello del pilot.
Vi saluto e vi invito a passare, per togliervi tutte le curiosità sulla serie, alla pagina Outcast – Italia.
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